Antonio Vivaldi (1678-1841)
Concerti per molti istromenti
Vivaldi dimostrò fin dal primo decennio del Settecento una grande sensibilità per i diversi timbri strumentali e le loro multiformi combinazioni. Più d’ogni altro suo contemporaneo italiano, egli ci lasciò un gran numero di lavori per strumenti a fiato e ad arco impiegati nelle loro più svariate e fantasiose combinazioni (si pensi, fra i tanti, al concerto RV 97 per viola d’amore, due oboi, due corni, fagotto e basso). Di una vena così florida e multiforme va tuttavia individuata la sorgente - oltreché nelle inclinazioni personali - nella fortuna di lavorare per un’istituzione come la Pietà, che gli consentiva di disporre di un organico strumentale fra i più ricchi. L’altissimo livello tecnico delle figlie dell’ospedale gli dava inoltre occasione di cimentarsi in lavori tra i più raffinati ed arditi, come la sonata per flauto, fagotto e basso RV 86, o come la gran parte dei concerti a tre, a quattro, a cinque. Risale al 1707 la più antica testimonianza a noi nota dell’interesse vivaldiano verso la politimbricità, con la composizione della Sonata RV 779 per violino, oboe, organo e salmo é (una sorta di proto-clarinetto). Questo interesse sarà una costante di tutta la sua produzione, tantoché gli ultimi lavori databili a noi noti sono proprio quei Concerti per molti Istromenti che le putte della Pietà eseguirono il 21 Marzo 1740 di fronte al Principe elettorale di Sassonia Federico Cristiano.