Antonio Vivaldi (1678-1741)
I XII Concerti di Parigi
Quando il patrizio tedesco von Uffenbach, in soggiorno a Venezia per il carnevale del 1715, riuscì finalmente a incontrare Vivaldi e a ordinargli “10 concerti grossi”, si vide riapparire in capo a tre giorni il compositore con tutta la musica richiesta e l'assicurazione d'averla composta espressamente per lui. Vivaldi era sì un compositore rapidissimo, ma altresì un capace e sfrontato manager di se stesso. Anche la raccolta di dodici concerti per archi ora conservata a Parigi ci appare come il frutto d'un assemblaggio celere e astuto di lavori già composti e musica (poca) nuova, lo stesso modus operandi che segnerà la genesi dell'opera X e di tante altre raccolte vivaldiane. Nei dodici Concerti di Parigi l'indizio è chiaro: due concerti spiccano in evidenza come tributo al committente francese che, sebbene ignoto, si può verosimilmente identificare nell’ambasciatore francese a Venezia Vincent Languet, conte di Gergy, sponsor di vari lavori vivaldiani come La Senna festeggiante. Questi due concerti sono più lunghi degli altri, scritti in un linguaggio un poco più moderno e segnati da evidenti stilemi francesizzanti. Sono i Concerti II e V, che Vivaldi compose al momento dell'ordinazione del lavoro per completare e qualificare la silloge dei concerti già pronti.